domenica 15 dicembre 2019





"Inferni moderni"








(particolare)



Dopo aver letto l’inferno di Dante, si è voluto fare un parallelo con un tipo d’inferno tradotto in chiave moderna sui possibili “inferni” contemporanei. Inferni al “plurale” perché l’uomo tende a trascurare e a ripetere gli orrori, le barbarie commesse; questo la storia ce lo fa presente. L’intento peculiare è quello di fare memoria storica, dando voce a disumanità spesso dimenticate e non trapassate ai posteri; ad esempio le efferatezze accadute negli stati dittatoriali, colonialismo, guerre, razzismo.
Il nostro inferno rappresentato è quello dei crimini commessi contro l’umanità, come ad esempio massacri e genocidi ovvero la distruzione strutturale e sistematica di persone innocenti.
L’idea delle lapidi è venuta leggendo il canto n 9 dell’inferno dantesco, dando un senso diverso al concetto classico di “inferno” di Dante ove vi  troviamo i colpevoli, falsari, malfattori, criminali; cioè i malvagi.
In opposizione abbiamo creato un concetto d’inferno di tipo “umanistico” dove invece vi sono i giusti, i leali, ossia l’umanità buona, ma che per volere altrui è un’umanità che ha subito violenze, dolore, torture, morte. Ad esempio gente deportata, segregata in campi di concentramento o di prigionia, o di persone che stanno valicando lo iato dell’aldilà in attesa di essere decapitati o fucilati.

Rievocare queste circostanze fa crescere in noi un’immensa tristezza, un avvilimento che sale dentro fin lassù dove vi è la nostra coscienza, il nostro pensiero valutatore; un’angoscia che vuol essere un monito di riferimento contro i fenomeni cruenti che avvengono nella “inciviltà” contemporanea.

L'opera proposta consiste in una performance di denuncia verso crimini e barbarie contro l'umanità: una serie di lapidi che riportano date, luoghi e metodologie di genocidi famosi o dimenticati, sono deposte a terra a formare un ideale cimitero, il tutto racchiuso da terzine tratte dalla Divina Commedia che costituisce monito e riflessione sull'agire dell'uomo contro sè stesso


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